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Il libro ed il poeta estemporaneo Enrico Rustici di Corrado BARONTINI
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Funzione e consapevolezza del proprio ruolo |
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Questo libro ci voleva. Leggendolo penso che sia palpabile il percorso formativo del giovane Enrico Rustici, poeta di Braccagni e che chiarisca, forse per la prima volta, ciò che fa la differenza fra chi è poeta estemporaneo e chi non lo è. Poeta si nasce o si diventa? Cerco di rispondere con l’affermazione di un vecchio bernescante che si trova all’inizio del libro: “Se non c’hai qualcosa di mamma non canti di poesia” così diceva Quinto Paroli[1] (1914 – 1997) uno dei poeti del maggio maremmano che con la propria voce ha saputo accompagnare la poesia tradizionale per gran parte del ‘900.
I poeti estemporanei della vecchia generazione affermano più o meno tutti la stessa cosa : L’arte d’improvvisare non s’impara studiando e meditando sulle carte è un dono che natura lo prepara… Anche in questi versi di Nello Landi dedicati a Vasco Cai di Bientina troviamo la stesso concetto. Insomma i poeti affermano che nascono poeti. E che la poesia è un dono di natura. In qualche caso c’è il rimpianto perché la poesia non è più come era una volta APPREZZATA da tutti … lo scriveva nei suoi versi Lio Banchi:
Già sembra si disperda quei valori E molto vada in decadenza ormai Il canto dei coloni e di pastori Vetturini ambulanti o carbonai la musa fu il tesoro dei tesori quando di povertà ce n’era assai le serate più misere abbellivi con la beltà del canto che ci offrivi”[2]
Lio Banchi di Pianizzoli ( 1929-2003) con i suoi versi ci parla della crisi dei valori del mondo contadino; quei punti di riferimento della società pastorale-agricola portati avanti anche con l’ottava rima, subiscono un crollo irreversibile negli anni cinquanta/settanta del novecento. Gli anni del boom economico prima, gli anni della contestazione sessantottina poi. Entrano in crisi le aspettative, i modelli di riferimento e con loro anche l’ottava rima.
Questo è però un discorso che accenno appena perché ci porterebbe lontano. Una crisi può dar luogo ad un cambiamento con infinite possibilità evolutive ma può essere anche causa disgregante e distruttiva di un mondo di valori. Il mondo contadino per un lungo tempo ha cercato di esorcizzare la crisi proteggendo in vari modi la propria presenza dal rischio di non esserci al mondo (Ernesto De Martino – Morte e pianto rituale). Ha usato l’oralità per tramandare la propria cultura acquisita, ha usato gli appuntamenti calendariali per ripetere i riti propiziatori, ha dato luogo a forme di rappresentazione di sé per raccontare e raccontarsi.
“Per me la musa è un organo vitale a crescere m’aiutò, essere vivo quando son triste o mi sento male se non la posso cantare me la scrivo…
Sono versi di Francesco Benelli. Sono versi che affrontano il problema della scrittura poetica e ci dicono ancora una volta che la poesia è stata per il poeta una ragione di vita. Ce ne sarebbero sicuramente tanti altri di versi e di poeti da ricordare per avvalorare ulteriormente il mio ragionamento. Quello che mi sembra importante da sottolineare è che il poeta estemporaneo, nella comunità dove è vissuto ha trovato frequentemente gli stimoli per assolvere ad una precisa funzione: è stato il punto di riferimento culturale - a volte l’animatore – delle attività pubbliche e private della comunità stessa (matrimoni, battesimi, feste paesane, testi di Maggi e befanate, fino agli incontri realizzati per ascoltare i contrasti). Riconosciuto e riconoscibile il poeta estemporaneo ha svolto un vero e proprio ruolo nella comunità. Mi vengono a mente i versi di Tribuno Tonini di Rocchette di Fazio scritti per una manifestazione paesana. Ecco il “Programma” in rima:
Alle sedici i canti popolari Le diciassette il tiro della fune Uomini e donne dei diritti al pari Le belle bionde le more e le brune Corsa delle ranocchie e giochi vari Ed altre corse se sono opportune Gara bevuta alle diciotto e trenta Con la cannuccia per chi si contenta.
Quindi alle venti la buona bruschetta E salsicce innaffiate dal vino E credo questo dir mi si permetta E tutto senza spendere un quattrino. Per chi vuole l’aceto senza inganni Abbiamo lo stravecchio di quattr’anni.
Per la 35° sagra del Tortello di quest’anno a Poggioferro mi è capitato un opuscolo fra le mani dove sono pubblicate ottave di un certo Marino Bruni (che non conosco) ma che certamente sa scrivere in ottava rima e la usa con gusto.
Capacità espressive e regole dell’ottava rima – gerarchie fra poeti
E salto ad un grande dell’estemporanea, Vasco Cai di Bientina che parla dell’ottava rima rimarcando il patrimonio genetico delle regole
Del verso fa capir l’impostazione se scorre armonizzato, l’eleganza della forma; se cerca creazione o se scorretto zoppicando avanza Abbia pure la sua trasformazione come la vuole la moderna usanza ma se si definisce ottava rima ha sempre la sua forma come prima.
Il poeta estemporaneo deve tener sempre presenti questi riferimenti formali e l’abilità sta proprio nel riuscire a risolvere l’ottava senza ripensamenti dando luogo ad endecasillabi pressoché perfetti senza troppi zoppicamenti.
… quello che il Cai trasmetteva in rima era pronto per essere stampato! con lui vicino si viveva il clima che stimolava il canto improvvisato…
Ancora qualche verso di Nello Landi che ci parla di Cai ma soprattutto con i suoi versi ci dice che l’improvvisazione poetica è stata stimolata da alcuni maestri che hanno saputo dare dignità e forza comunicativa all’ottava rima per il loro rigore metrico (era pronto per essere stampato) e per il clima culturale alto fatto di richiami e di esempi: “dai suoi consigli e metodi imparai/ come agire in poetiche occasioni/ e se qualcosa a fare son riuscito/ perché l’insegnamento ebbi acquisito.” (Landi)
Cantar di poesia significa improvvisare tenendo conto del distico di chiusura da cui deriva l’obbligo di riprendere il verso. Questo uso fa capire che chi canta improvvisa davvero. La bravura sta nella capacità argomentativa oltre che nell’esecuzione formale dell’ottava con i suoi otto endecasillabi a rima alterna e la chiusa a rima baciata. Misurarsi con la poesia improvvisata vuol dire andare incontro ad una selezione naturale perché l’abilità da sola non basta, ci vuole inventiva, conoscenza degli argomenti e quel “qualcosa di mamma” che fa la differenza… “C’è differenza fra la poesia in bernesco e la scrittura… Se uno non legge e non s’aggiorna non pòle argomenta’ la poesia” (Tullio Barontini) Proprio uno come Quinto Paroli che era capace di cantare per molte ore e di legare i suoi versi sempre a quelli di chi lo precedeva, affermava con grande umiltà: “io di poesia unnò mai cantato” intendendo di non saper affrontare il contrasto poetico.
Ecco dunque fra i poeti una suddivisione: quelli che sanno reggere il contrasto e i tanti che sanno cantare o scrivere qualche ottava ma non vano oltre qualche verso cerimoniale o di occasione. È il caso dei poeti del Maggio. Enrico Rustici nella sua intervista ha chiarito una cosa importante sui poeti del maggio: le gerarchie. Il poeta- poeta che chiede il permesso e ringrazia per l’ospitalità e questo assolve ad una funzione creativa perché deve cantare i suoi versi tenedo conto della famiglia visitata; l’Alberaio che porta l’albero del maggio e fa la sua ottava che può essere semplicemente memorizzata e cantata (fra l’altro il poeta novello, dice Enrico, all’interno di una squadra di maggerini di solito ricopre il ruolo dell’alberaio). C’è poi il Corbellaio che chiede doni e ringrazia dell’offerta. Questo deve essere un poeta un po’ sfacciato, uno che sa muoversi con disinvoltura nel fare la questua. Anche il Corbellaio però può avere testi preparati. Non tutte le squadre del maggio hanno questa impostazione (questa particolarità e propria di quelle zone dove c’è una maggior presenza di poeti – il massetano ad esempio)
Cantare e scrivere le ottave
Dove comincia e dove finisce la poesia? intitolava anni fa Morbello Vergari[3] una suo articolo: “per far poesia non basta scrivere in bella metrica con versi perfetti di sillabe, di accenti, di rime. Se la poesia significa bellezza di linguaggio, bellezza di espressione si può fare veramente poesia senza la rigidità e la costruzione degli schemi metrici e delle rime…” E pensare che Morbello inizia proprio con l’ottava rima ma nei suoi libri di questa esperienza non abbiamo traccia se non nella sestina della prima edizione di “Versacci e discorsucci”. I suoi versi sono versi liberi, non vincolati dalle rime, anche se spesso fa uso di endecasillabi. Morbello considerava l’ottava rima troppo vincolante, preferiva scrivere in maniera diretta (senza la rigidità e la costruzione degli schemi metrici e delle rime) appunto. Un altro poeta di area fiorentina - Florio Londi - che fu improvvisatore fra i più noti spesso presente nelle serate di poesia con Romanelli e Landi e lo stesso Cai. Eppure fra le sue raccolte poetiche (L’età che non ebbi l’età che non amai e Canto brado) troviamo essenzialmente liriche in versi liberi e fortemente legati alla modernità. Dunque la poesia scritta è un’altra cosa.
Fra i poeti estemporanei ci sono quelli che mantengono un percorso parallelo di scrittura dei propri versi anche se mettono nella scrittura la loro esperienza di improvvisatori componendo ottave, sonetti in quartine e terzine. Ci sono poi quelli che assolutamente rifiutano la scrittura. Uno era Eusepio Lelli che oltretutto non ammetteva che si registrassero i suoi versi improvvisati perché affermava che la poesia va ascoltata così come si crea al momento. Un altro è Luigi Stacciali di Riparbella (PI) che già nel primo incontro di Ribolla a Paola Pannozzo che chiedeva di inviare qualche ottava di presentazione dichiarò che per lui la poesia era solo improvvisata. Su questo personaggio ricordo un episodio piacevole successo nel ’96 quando venni invitato in Svizzera per presentare 5 poeti toscani. Una sera a Bellinzona Stacciali e Logli Altamente avevano il tema la suora e la prostituta. Dopo 15/20 minuti mi sembrava che fosse arrivato il momento di chiudere e glielo feci intendere. Così cominciarono quei versi a righi alterni continuando però a punzecchiarsi. Ci furono diverse ottave cantate in questo modo mentre cresceva l’attenzione del pubblico sottolineata con applausi ripetuti. A un certo punto Altamente riprese con una ottava intera e naturalmente Stacciali stette al gioco continuando il contrasto. Dettero prova di grande abilità e d’ingegno. Il poeta estemporaneo è anche questo: un intrattenitore.
Ribolla terza edizione dell’incontro di poesia estemporanea. A Carlo Bechelli e Benito Mastacchini viene dato il contrasto POESIA SCRITTA e BERNESCO Bechelli Poesia scritta
… Ma nel mondo lo sai per pote’ vive’ e ci vole una scienza preparata io mi segno e devo dirmi “abbasso” ma di fronte all’Ariosto e in fronte al Tasso
Mastacchini Bernesco: Sugli storici ‘un fare troppo chiasso ma forse in mente non ti viene Omero senza la penna, senza ave’ ‘l compasso dettava tutto con il suo pensiero queste son cose le metto all’incasso io della storia ti dissi so’ a zero e so adoprarla la mia mano per fare il vino e seminare il grano.
Anche se sappiamo che diversi poeti mantengono un filo con la produzione scritta, l’ottava rima pubblicata non è tantissima. Per quel che so con Vittoria Guglielmi nel 1990/91 curai per l’Arci un libretto di Tribuno Tonini “Porgete orecchio egregi miei ascoltanti”. Quello è stato il mio primo lavoro su un poeta estemporaneo. Erano ottave ritrovate dal figlio annotate su fogli e quaderni. Sempre in quella collana dell’Arci uscì un libro di Ramiro Temperini di Monticello Amiata “Questo è ‘l paese dove nacqui io” (però questo personaggio, che conobbi in occasione della presentazione del libro, non era un poeta estemporaneo bensì uno che usava scrivere i suoi versi in rima usando soprattutto l’ottava rima)
Per dire dei poeti di Maremma e di qualche libro: 1951 – di Severino Cagneschi poeta e cantastorie esce “Raccolta di poesie di un poeta maremmano” 1956 – Ireneo Pimpinelli “Poesie popolari” 1965 – Angelo Pii di Arcidosso “Poesie sulla vita di David Lazzaretti” pubblicate postume dai Giurisdavidici (aveva dato alle stampe nel 1885 “Poesie diverse”) 1982 – Alfredo Monari di Murci “Poesie” pubblicate postume. 1987 – Benito Mastacchini “Cantare in compagnia” – “Realtà e malinconia” (1992) 1994- Quinto Paroli poeta del Maggio 1995 “Francesco Benelli “Quando le rime nascono dal cuore” 1997 L’ARTE DEL DIRE 2004 Lio Banchi “La smania di cantare” Postumo
La poesia non è solo andare a capo in un altro modo, diviene l’occasione per far emergere l’intimità; è il formarsi di un’idea che si lega ai rapporti umani e ai sentimenti più profondi. Ma cosa pensa Enrico della poesia in ottava rima? “La poesia estemporanea secondo me è una tecnica… logicamente ci vuole una certa predisposizione però più a livello mentale…” Ecco dunque un primo distinguo di Rustici che pur essendo legato alla tradizione contadina, l’ottava rima non ce l’ha nel sangue. “Io l’ottava rima non la conoscevo nel dettaglio; anche se l’avevo sentita… non mi aveva mai attirato più di tanto. È vero che sono entrato in contatto con l’ottava rima abbastanza presto, a tredici anni con il “Maggio”, però prima, forse per l’età, nemmeno l’ascoltavo, anzi mi sembrava una cosa piuttosto noiosa.” Questa testimonianza restituisce pienamente il percorso formativo di Enrico, la sua storia di poeta del Maggio e infine di poeta improvvisatore.
Il mondo tradizionale è stato un mondo altamente selettivo. Ha tramandato solo quelle cose funzionali alla propria cultura: i canti popolari, le novelle… e naturalmente la poesia a braccio. Ma proprio questa forma comunicativa che aveva retto per secoli ai tanti cambiamenti del mondo agricolo, con il mutare delle forme di lavoro, con la drastica riduzione dell’occupazione agricola, subisce uno smarrimento. Quando capita, come è successo, che i poeti nella piazza vengono contestati perché i giovani presenti vogliono vedere lo spettacolo di un illusionista che è in programma, significa che qualcosa si è spezzato in maniera irreparabile nella comunicazione e anche nella tolleranza.
Ci sarà futuro per l’ottava rima? Enrico risponde di sì pero aggiunge: “ è difficile mantenere l’ottava rima legata al contesto particolare del mondo contadino… anche se in Maremma è un fenomeno a parte. Perché si associa ancora molto ai cicli dell’anno… ci sono legami con i temi della campagna che per me, giovane d’oggi, perdono di contenuto. Io non guardo la terra che mi dà il pane… è sì qualcosa di bello, ci sono cresciuto e ci sono attaccato, però non c’è l’elemento della vita che mi unisce. Questo penso sia il segno dei tempi che cambiano. L’importante è che si mantenga la forma dell’ottava che è uno strumento che si inserisce nel contesto dell’improvvisazione…” In questa pubblicazione troviamo testi poetici, con registri diversi di scrittura. Ma il racconto di Enrico ci fa entrare nel suo mondo consegnandoci qualche chiave di lettura. Oggi anche grazie al suo contributo si comincia a riparlare di contaminazione e di purezza. Di poesia estemporanea e di altre forme comunicative. Braccagni non ha una piazza dove far cantare i poeti ma ha un poeta ed un luogo detto Campo della Fiera che il Gruppo Galli Silvestro usa per il maggio. Insisto su un’idea: la poesia estemporanea è ancora debole però si è dimostrato che mantiene grandi potenzialità una particolare attrattiva anche nei confronti di qualche giovane. Si tratta di alimentare qualche aspettativa e le occasioni di attrazione creando un circuito regionale che come nel caso di questa iniziativa abbia una qualche risorsa finanziaria. Ribolla va avanti per l’impegno personale di Domenico, qui a Braccagni per l’attività e l’interesse del Gruppo Galli Silvestro. A Suvereto c’è una mezza parola del Sindaco così come a Gavorrano… A Pomonte si realizza da qualche anno un incontro di improvvisatori di varie provenienze A Cetica si è messo in piedi un incontro estivo… La Regione Toscana aveva promesso qualche anno fa finanziamenti ad personam per giovani poeti… Non mi era sembrata la proposta migliore… c’è da rimarcare però con amarezza che non ha avuto un seguito È il caso di vedere dove ci porta il futuro.
Corrado Barontini [1] Cfr. “Quinto Paroli poeta del maggio” a cura di R. Fidanzi, Braccagni, 1994 [2] Cfr. Lio Banchi in “Poesia estemporanea a Ribolla 1992 – 2001” a cura di C. Barontini – A. Bencistà, Pitigliano 2002, pag. 32 - primo incontro 2/2/1992 [3] Cfr. Morbello Vergari “La mia ignoranza è veramente perfetta” ed. Stampa alternativa, 2004
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